Caro Spezzino Vero,

cari spezzini che leggete, approfitto del vostro tempo per dirvi, urlandolo ad alta voce, che non ne posso più.

Non ne posso più di voi e del modo in cui vi comportate, del vostro continuo lamento, della critica che non diventa mai voglia o spunto di azione, ma rimane solo voglia di dare un voto (basso) agli altri.

Non ne posso più di chi trova ogni iniziativa scadente, ogni idea stupida, ogni cambiamento inutile e insensato.

Non ne posso più del vostro immobilismo travestito da avanguardia.

Non ne posso più di voi che sapete fare tutto meglio, ma non dite mai come farlo e non vi mettete mai a farlo, perché intanto non ne avete bisogno.

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E non lo dico da persona cieca, perché vedo i problemi e ho ben presente quali siano i limiti di Spezia, perché vivo fuori da tempo a causa della cronica assenza di lavoro. Non avendo amicizie importanti o raccomandazioni, non potendo contare su alcun calcio in culo e nessuna via preferenziale, ho dovuto andarmene e costruirmi una vita insieme.

Attenzione, inseguire il lavoro significa anche allentare ai legami familiari, rinunciare ad alcune cose, ricostruire le amicizie. Non è una cosa semplice.

So bene i sacrifici che Spezia impone e tutto quello che non va.

La prima cosa è il suo provincialismo, quando il provincialismo diventa solo qualcosa che soffoca.

E il mugugno sterile – quello che molti esercitano per pigrizia nel mettersi nei panni degli altri – è provincialismo all’ennesima potenza.

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Quello che io non sopporto più.

Lo so, non ve ne frega un belino, ma ve l’ho detto.

Marco T.