Un breve compendio di alcune delle esperienze che molto probabilmente tutti gli spezzini hanno in comune

L’ho fatto anche io, perché sono spezzino.

Ho detto che sono di Spezia a chi me lo chiedeva e specificato che dire Spezia è una roba solo per noi, per gli altri è La Spezia.

Ho parlato male della mia città tra di noi e l’ho difesa strenuamente davanti ai foresti. L’una e l’altra cosa le ho fatte soprattutto perché sono spezzino, non per altro.

Ho preso il P dopo aver forcato a scuola.

Ho pensato che ogni macchina con alettone o ribassata che ho visto passare per strada fosse targata MS. E nel caso fosse targata SP ho sempre pensato che alla guida ci fosse solo un intruso, un agitatore.

Ho detto mille mille volte che Spezia è una città di mare senza mare e spiegato a gente allibita che non c’è spiaggia in città. “NON C’È SPIAGGIA IN CITTÀ” sembra incredibile, ma è così.

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Ho ordinato un MISTOABBONDANTE e sentenziato che la fainà è la fainà, non cecina. Anche se in realtà non me ne è mai fregato un belino.

Ho aspettato l’estate per andare al mare. Quando è arrivata l’estate, ho iniziato a dire che al mare è meglio andarci un attimo prima e un attimo dopo dell’estate. Questo perché sono spezzino.

Ho imparato a memoria le curve della Cisa e la strada per il bancone dell’autogrill di Medesano.

Ho pensato – intasato nel traffico autostradale – che ci vorrebbe una corsia per soli spezzini. Una corsia apposita da una parte e dall’altra tutti gli altri, che vengono a elemosinare il mare. E mi sono sempre sentito rispondere che allora noi elemosiniamo il lavoro. Un po’ è vero.

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Ho guardato talvolta la città con occhi stranieri. Il suo lungomare fiorito, i colli appena dietro, il profilo del castello – deciso, ma delicato. L’ho trovata bella. Mi sono compiaciuto.

Sono stato bambino e me ne sono andato in giro con il mio “toco” di focaccia in mano, seduto nel passeggino. Continuo a vederlo succedere. Sorrido.

Ho preso il treno dopo la campanella negli ultimi giorni di scuola: direzione CinqueTerre, Levanto, Bonassola. L’idea di libertà.

Ho fatto avanti e indietro in via Prione che ci potrei arrivare sulla luna (e so che prima succedeva lo stesso in via Chiodo).

Ho lamentato l’assenza di cose da fare.

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Ho contato i giorni a San Giuseppe.

Ho domandato dove si vedano meglio i fuochi del Palio e poi sono arrivato in ritardo nel luogo dove vederli. Ma intanto non importa, quello che importa è il momento.

Ho giocato su campi da calcio in sassi e cemento, le ginocchia lo sanno bene.

Ho preparato valigie per andare lontano mettendoci sempre dentro i panni da sciacquare in casa, segnati dalla voglia del ritorno.

Ho pensato che “No, non ce la possiamo fare”.

Ho rimandato a “Tra un atimino”, non fatto cose perché “non ne avevo manco per il belino”, affrontato i problemi alzando il sopracciglio o le spalle.

Ho considerato la vita come una cosa seria.

Ma senza farne un dramma.

E tutto questo perché sono spezzino.