LA PASTIERA
Mia mamma ha tre fratelli.
Questo, come è ovvio, mi ha garantito un buon numero di zii, abbondanza di cugini e feste e ricorrenze sempre fortunatamente affollate.
Nel corso degli anni, Natale e Pasqua sono spesso stati l’occasione giusta per prendersi una pausa da qualsiasi turbolenza di vita (o quasi qualsiasi turbolenza di vita), tirare il fiato e rivedersi tutti.
Le ricorrenze hanno i loro riti; i simboli cui si continua a ritornare, anno dopo anno. Natale è nelle frittelle di baccalà, nel casino da cugini, nella scrupolosa ricerca del nonno di regali nascosti sotto i resti delle cartacce, dopo la battaglia dello spacchettamento, nelle briciole di colazione lasciate da un Babbo Natale sbadato sotto l’albero.
Pasqua ha un sapore solo: la pastiera della nonna.
Confesso le mie colpe: da piccolo non apprezzavo. Guardavo questo dolce fatto di grano e profumato di fiori e non capivo. Era tutto molto semplice: non mi piaceva. Un dolce senza panna per un bambino che dolce è?
Mia nonna ne ha sempre fatte almeno cinque. Una da mangiare tutti assieme e una per ciascuno dei suoi figli. Tenete presente questo: per chiunque abbia anche un solo briciolo di sangue napoletano nelle vene, la pastiera in generale è il dolce supremo in un certo periodo dell’anno, ma la pastiera di MAMMÀ è insuperabile.
I giorni prima di Pasqua a casa dei nonni erano giorni frenetici. Quando nell’aria iniziava a sentirsi “profumo” di pastiera, le visite e i saluti da parte degli zii iniziavano a farsi più frequenti. Ciascuno mirava alla pastiera più grossa, non solo per averne di più da gustare, ma soprattutto per potere canzonare gli altri tre fratelli.
Usare la parola “guerra”, anche se per descrivere un gioco, non è mai bello, ma questo era: una guerra della pastiere. Tolta la pastiera comune, da considerarsi sacra, tutto è sempre stato concesso, proprio come in amore. Per rispetto della verità devo dire che mia mamma – chissà se per privilegi di primogenitura o perché unica femmina – è sempre stata trattata con un occhio di riguardo dai fratelli e che la “nostra” pastiera mai è stata toccata, ma sugli atri tre dolci è sempre stato considerato lecito qualsiasi tipo di astuzia e macchinazione.
Un anno fece scalpore. Approfittando dell’assenza dei miei nonni, il più giovane (non dico meno vecchio, perché altrimenti si arrabbiano) dei miei zii si introdusse in casa senza avvisare e si portò via due pastiere anziché una. Al posto del dolce, lasciò un biglietto, per rendere chiaro quale dei suoi fratelli volesse “derubare”. Se ci ripenso, mi pare di vederlo: solo in casa, si avvicina sogghignando al bottino, lo afferra e poi scappa furtivo e soddisfatto, pensando al momento in cui gli altri troveranno il biglietto.
Nel momento della scoperta del furto, mio nonno avrà certamente scosso la testa e poi ridendo avrà aggiunto: “Chillo strunzo!”.
Mia nonna, che quella torta l’aveva fatta, avrà solo sorriso.
Adoro essere cresciuto in una famiglia così.
Ora la pastiera mi piace molto.
E so che per mia mamma e i miei zii non sarà la stessa cosa la prima volta senza la pastiera di MAMMÀ.